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  • Pestapere

La Società Accelerata.

Aggiornamento: 5 dic 2022




Le accelerazioni cui sono sottoposte le nostre vite sono sotto gli occhi di tutti e creano un sempre più diffuso disagio sociale e individuale.




È ormai convinzione diffusa che la velocità dei (e nei) cambiamenti sia una caratteristica precipua della modernità; si tratta di una velocità che, da tempo, è soggetta a accelerazioni via via crescenti e che, prima facie, viene attribuita al solo progredire delle tecnologie -magari in concomitanza o a seguito di eventi bellici- e all’avvento di nuove scoperte.


Già nel 1809 Goethe, nel libro Le Affinità Elettive lamenta che “… è una bella seccatura che, ai nostri tempi, non si possa più imparare niente che duri tutta la vita…dobbiamo ricominciare da capo e imparare, ogni cinque anni, se non si vuole restare completamente fuori moda…”


Fino agli ultimi anni del secolo appena trascorso le accelerazioni restavano, tuttavia, in limiti gestibili ed erano ancora compatibili con i naturali ritmi di apprendimento e adattamento della generalità degli uomini.


È a partire dagli ultimi anni del Novecento, che l’affermarsi delle nuove tecnologie (particolarmente nei campi dell’informatica, della robotica, delle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale) ha segnato una svolta netta e ha consentito e alimentato un ritmo sempre più sostenuto di accelerazione.


Tutta questo crescendo di cambiamenti ha creato un divario tra gli straordinari progressi tecnico-scientifici e la capacità umana di attribuire un senso all’esistenza[1] diventando la cifra dei nostri anni segnati da un diffuso disagio individuale e sociale.


Si tratta di una accelerazione parossistica che ormai non riguarda più soltanto le scienze ma che si è estesa, o reclama di estendersi, anche agli ordinamenti e alle quotidiane abitudini di vita, configurandosi ora come serrata successione tra i vari compiti da espletare, ora come necessità di operare in modalità multitasking.


Nei contesti lavorativi, ma non solo, le tanto sospirate “oasi di decelerazione” si fanno sempre più inospitali per l’aumentata sofisticazione dei controlli e delle metriche rese possibili a distanza dalla Intelligenza Artificiale: di questo aspetto stanno cominciando a fare quotidiana esperienza i lavoratori in Smart Working delle aziende modernamente organizzate che avevano scelto questa forma di lavoro confidando in un’attività più rilassata.


È appena il caso di notare che il ritmo della accelerazione, fatta salva una sospensione per motivo della pandemia, si è trasferito anche negli spostamenti geografici, compresi quelli per motivi di svago, che sono sempre più ridotti e sincopati.


Al problema non sfugge neppure la gestione dei bambini trascinati in un a diaspora senza pausa tra una piscina, una lezione di ballo e il compleanno dell’amichetto.


Comprensibilmente, ci si è interrogati sul fattore scatenante del fenomeno, e, dopo una prima fase in cui la responsabilità è stata, frettolosamente e in toto, addebitata al progresso tecnologico, ci si è resi conto che la scaturigine della accelerazione spiazzante va piuttosto individuata nella cultura della competizione, coltivata e imposta dal sistema neo liberista -oggi imperante nei diversi travestimenti.


È quindi un fatto culturale che si costituisce come il primum movens del circuito sviluppo tecnologico- ritmi di vita- mutamenti sociali.


L’accelerazione, e la conseguente ansia di riempire il tempo che abbiamo a disposizione, sembrerebbero secondo molti, fondarsi sull’idea inespressa che esse costituirebbero la nostra risposta al problema della finitezza e della morte in un contesto in cui viene meno la fiducia di una definitiva realizzazione nell’eternità[2]


D’altra parte, anche la Società dello Spettacolo[3] funge da ambito e motore propulsore di una cultura che, avendo a riferimento il successo da esibire, interpreta la vita come uno spazio da riempire vorticosamente con il maggior numero possibile di attività, di luoghi da visitare, di eventi cui partecipare.[4]


In uno scenario siffatto, che evolve “per minora intervalla”[5], noi stessi alimentiamo il succedersi degli eventi, un succedersi sempre più frenetico e da sempre riservato ai tempi dell’Apocalisse.[6]


A mano a mano che l’accelerazione aumenta, aumenta anche il numero delle persone che non reggono il passo per motivi che possono essere fisico-cognitivi, legati all’età o, tipicamente, per motivi culturali determinati da provenienze geografiche o studi insufficienti.


Se si concordasse con questa diagnosi e si volesse alleviare il malessere individuale e sociale correlato, bisognerebbe progettare di intervenire simultaneamente su due versanti.


Sul versante delle persone, bisognerebbe operare per assicurare, anche alle fasce deboli della cittadinanza, nozioni di base sulle nuove tecnologie, sulle condotte di vita conseguenti e sulle inedite opportunità che si aprono anche nel campo del lavoro e nella gestione della vita quotidiana; si tratterebbe di un’attività, per certi versi, simile a quella posta in essere negli anni 50 per alfabetizzare la popolazione uscita dalla guerra.


Sempre sul lato dei cittadini, in particolare lavoratori, un ruolo fondamentale dovrebbe assumerlo una formazione continua che entri a far parte stabilmente del welfare come “quinta gamba”[7], che tenga aggiornata la preparazione professionale anche delle persone espulse dai circuiti lavorativi; una iniziativa di questo tipo potrebbe mitigare di molto il disadattamento di tanti soggetti condannati, altrimenti, a restare ai margini della società.


Più in generale, collegare severamente obblighi di formazione e aggiornamento alla erogazione di benefici a carico della collettività, sia con riferimento agli ammortizzatori sociali, sia con riferimento a forme di defiscalizzazione o di concessione di bonus, sarebbe un ottimo segnale per una società che non vuole lasciare nessuno indietro.


Sul versante del possibile rallentamento dell’accelerazione, si tratterebbe di porre mano, con un processo più efficace ma necessariamente più lento, alla promozione di modelli culturali alternativi e stili di vita più slow: compito davvero non da poco.


Ad oggi, i tentativi fatti in questo senso appaiono isolati e, quando non si rivelano mere trovate pubblicitarie, si costituiscono come semplici segnali di attenzione, sempre sul filo della banalizzazione di un problema che, come visto, ha cause e radici profonde.


Forse, nel condurre la nostra vita al riparo dagli affanni, ci gioverebbe ricorrere a un procedimento che riprenda, con gli opportuni adattamenti, la tecnica del caviardage, una tecnica che ci sfida, non con l’impegnativa ricerca di parole di sempre nuove, ma con l’invito, in un esercizio di fiducia negli altri, a esprimerci con una “semplice” cancellatura delle parole “in eccesso” da un libro già scritto… chissà!?




[1] Mauro Magatti in Terra Mobile, a cura di Paolo Perulli, Einaudi, Torino, 2014 [2] Hartmut Rosa, Einaudi editore, Torino, 2015 [3] Guy Debord, Massari Editore, Bolsena (VT), 2002 [4] Hartmut Rosa, ibidem [5] Espressione ricondotta a Francesco Bacone [6] Con la precisazione che, nel caso dell’Apocalisse, l’accelerazione riguarda il tempo inteso principalmente come Kairos (momento in cui ci si attende accada qualcosa) e non come Kronos [7] Le altre quattro gambe sono generalmente considerate le politiche per Pensioni, Lavoro, Sanità e Assistenza

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